17 Gennaio 2023
Il contratto di vitalizio assistenziale
Il contratto di vitalizio assistenziale consente ad un soggetto (il vitaliziato) di cedere un bene mobile o immobile o un capitale ad un altro soggetto (il vitaliziante), il quale in cambio si impegna ad una prestazione di assistenza morale, spirituale e materiale vita natural durante all’altro, prestazioni quali per esempio vitto, alloggio, assistenza sanitaria, compagnia, trasporto, sostegno emotivo.
La giurisprudenza tratteggia siffatto contratto come un negozio con il quale “il vitalizio alimentare una parte si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all’altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni” (vedi tra le molte, Cass. civ. Sez. Unite, 18 agosto 1990, n. 8432 e Cass. civ. Sez. II, 7 febbraio 1992, n. 1401).
Suddetto contratto non va confuso con il mantenimento, che è circoscritto ad un esborso di denaro periodico. Il dovere del vitaliziante non si contiene una semplice prestazione materiale, e pertanto non solo alla sfera economica, ma anche, e principalmente, interessa una continuativa assistenza ed altre utilità, come il sostegno morale e spirituale, essendo questi secondi aspetti ritenuti prevalenti: l’elemento assistenziale è pertanto un oggetto diretto ed immediato, mentre quello patrimoniale è solamente potenziale ed in forma residuale.
Uno degli principi essenziali di questo contratto è la componente fiduciaria tra i soggetti stipulanti: non qualunque persona può soddisfare gli obblighi presi nei confronti del vitaliziato, ma le attività di cura sono intuitu personae, che evidenzia che unicamente il vitaliziante potrà compiere quanto definito nel contratto, poiché egli viene scelto sulla base di un rapporto di fiducia tra i due soggetti e sulla base dell’affidamento del vitaliziato nella volontà del vitaliziante di adempiere alle obbligazioni insorgenti dal contratto. Il tutto senz'altro a patto che le parti non prendano accordi in senso contrario, e nel comporre la loro volontà dispongano, per esempio, che talune delle prestazioni al quale è vincolato il vitaliziante, possano essere deputate a terzi.
Altro elemento fondamentale è l’aleatorietà, il rischio, poiché nessuno dei due contraenti deve poter prevedere, al momento della conclusione del negozio, né la misura delle prestazioni da dover essere soddisfatte né tanto meno lo iato di tempo per il quale queste dovranno essere adempiute; e non deve essere possibile neppure prevedere chi dei due soggetti verrà a sostenere la prestazione in maggior misura gravosa. Il rischio del contratto viene pertanto stimato in rapporto tra il valore di quanto ceduto e le prestazioni che il vitaliziante è vincolato a eseguire.
Nel caso in cui difetti questo elemento di rischio, non è possibile procedere con un contratto di questo tipo poiché sarebbe nullo: poniamo il caso di un soggetto con gravi patologie che hanno ridotto di molto la sua aspettativa di vita: è chiaro che l’ipotetico vitaliziante ha la possibilità, già al momento della stipula, di prevedere (in modo approssimativo) per quanto tempo dovrà occuparsi dei bisogni del vitaliziato e quanto sarà l’esborso in termini economici: viene a mancare quindi il rischio del contratto, che può essere dichiarato nullo su richiesta di qualunque persona che vi abbia interesse. Altra condizione che ostacola, e che potrebbe rendere nullo il contratto, è un valore del bene trasferito di gran lunga superiore al valore delle prestazioni da eseguirsi.
Di recente la Cassazione (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ord. 29 aprile 2019 - 20 gennaio 2020, n. 1080) ha pronunciato che nel ipotesi di risoluzione di questo contratto, il vitaliziante dovrà documentare e comprovare solamente la fonte del suo diritto, ovvero il contratto stipulato, mentre esisterà a carico del vitaliziante l’onere dimostrare di aver adempiuto ai suoi obblighi.
In occasione della stipula il vitaliziante riscuote immediatamente quanto oggetto del contratto, mentre il vitaliziato riceve solamente la impegno futuro di essere assistito, ma non è privo di tutela nel caso di inosservanza del negozio dal parte del vitaliziante: si ritiene difatti opportuno a tal fine l'integrazione del contratto con una clausola risolutiva espressa in forza della quale ove il vitaliziante non rispetti le obbligazioni pattuite, si avrà risoluzione di diritto del contratto stesso, con il conseguente obbligo in capo a tale soggetto alla riconsegna del bene o della somma ricevuta, senza poter reclamare la restituzione delle prestazioni già adempiute.
Notaio Domenica Coronella
La giurisprudenza tratteggia siffatto contratto come un negozio con il quale “il vitalizio alimentare una parte si obbliga, in corrispettivo dell’alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all’altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita ed in correlazione ai suoi bisogni” (vedi tra le molte, Cass. civ. Sez. Unite, 18 agosto 1990, n. 8432 e Cass. civ. Sez. II, 7 febbraio 1992, n. 1401).
Suddetto contratto non va confuso con il mantenimento, che è circoscritto ad un esborso di denaro periodico. Il dovere del vitaliziante non si contiene una semplice prestazione materiale, e pertanto non solo alla sfera economica, ma anche, e principalmente, interessa una continuativa assistenza ed altre utilità, come il sostegno morale e spirituale, essendo questi secondi aspetti ritenuti prevalenti: l’elemento assistenziale è pertanto un oggetto diretto ed immediato, mentre quello patrimoniale è solamente potenziale ed in forma residuale.
Uno degli principi essenziali di questo contratto è la componente fiduciaria tra i soggetti stipulanti: non qualunque persona può soddisfare gli obblighi presi nei confronti del vitaliziato, ma le attività di cura sono intuitu personae, che evidenzia che unicamente il vitaliziante potrà compiere quanto definito nel contratto, poiché egli viene scelto sulla base di un rapporto di fiducia tra i due soggetti e sulla base dell’affidamento del vitaliziato nella volontà del vitaliziante di adempiere alle obbligazioni insorgenti dal contratto. Il tutto senz'altro a patto che le parti non prendano accordi in senso contrario, e nel comporre la loro volontà dispongano, per esempio, che talune delle prestazioni al quale è vincolato il vitaliziante, possano essere deputate a terzi.
Altro elemento fondamentale è l’aleatorietà, il rischio, poiché nessuno dei due contraenti deve poter prevedere, al momento della conclusione del negozio, né la misura delle prestazioni da dover essere soddisfatte né tanto meno lo iato di tempo per il quale queste dovranno essere adempiute; e non deve essere possibile neppure prevedere chi dei due soggetti verrà a sostenere la prestazione in maggior misura gravosa. Il rischio del contratto viene pertanto stimato in rapporto tra il valore di quanto ceduto e le prestazioni che il vitaliziante è vincolato a eseguire.
Nel caso in cui difetti questo elemento di rischio, non è possibile procedere con un contratto di questo tipo poiché sarebbe nullo: poniamo il caso di un soggetto con gravi patologie che hanno ridotto di molto la sua aspettativa di vita: è chiaro che l’ipotetico vitaliziante ha la possibilità, già al momento della stipula, di prevedere (in modo approssimativo) per quanto tempo dovrà occuparsi dei bisogni del vitaliziato e quanto sarà l’esborso in termini economici: viene a mancare quindi il rischio del contratto, che può essere dichiarato nullo su richiesta di qualunque persona che vi abbia interesse. Altra condizione che ostacola, e che potrebbe rendere nullo il contratto, è un valore del bene trasferito di gran lunga superiore al valore delle prestazioni da eseguirsi.
Di recente la Cassazione (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ord. 29 aprile 2019 - 20 gennaio 2020, n. 1080) ha pronunciato che nel ipotesi di risoluzione di questo contratto, il vitaliziante dovrà documentare e comprovare solamente la fonte del suo diritto, ovvero il contratto stipulato, mentre esisterà a carico del vitaliziante l’onere dimostrare di aver adempiuto ai suoi obblighi.
In occasione della stipula il vitaliziante riscuote immediatamente quanto oggetto del contratto, mentre il vitaliziato riceve solamente la impegno futuro di essere assistito, ma non è privo di tutela nel caso di inosservanza del negozio dal parte del vitaliziante: si ritiene difatti opportuno a tal fine l'integrazione del contratto con una clausola risolutiva espressa in forza della quale ove il vitaliziante non rispetti le obbligazioni pattuite, si avrà risoluzione di diritto del contratto stesso, con il conseguente obbligo in capo a tale soggetto alla riconsegna del bene o della somma ricevuta, senza poter reclamare la restituzione delle prestazioni già adempiute.
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